lunedì 1 marzo 2010

Eventi positivi e negativi


Perché proprio a me? Nella vita accadono alcuni eventi positivi e altri negativi. Spesso pensiamo che le cose belle accadano agli altri e quelle brutte a noi. Come avviene questa scelta?
Margherita


Cara Margherita,
Freud, prendendo spunto dall’idea di Darwin che l’uomo primitivo aveva una organizzazione sociale (anche se primitiva) la chiamò “Orda Primordiale”.
Freud tracciò la sua idea sulla vita dell’uomo primitivo. Stando all’epoca dell’uomo cacciatore, il capo branco, con al suo seguito i maschi più forti e abili, partiva per la caccia che poteva occupare periodi anche lunghi.
In questo tempo lasciava, come simbolo della sua legge-potere:
- un totem del clan – che appartiene a tutto il gruppo e si trasmette ereditariamente;
- un totem del sesso – riferito a tutti i maschi ed anche alle femmine come proibizione ai membri del “clan” di sposarsi tra loro
- un totem soggettivo – riferito a quanto il clan si aspetta dai componenti.
Al ritorno dalla caccia, il Capo esercitava il proprio diritto di possedere tutte le femmine e di punire chi avesse tentato di prendere il suo posto: di accoppiarsi con qualche femmina.
Questa azione non aveva nulla di “affettuoso” proprio in quanto il Capo era trascinato dalla sua “spinta libidica” dal piacere cha ha una giustificazione prevalentemente biologica (libido genitale).
La situazione di “sopruso” che poteva anche arrivare alla “castrazione” del giovane troppo attivo, portava ad una “ribellione” che, mettendo alla prova il potere del vecchio, finiva spesso con l’omicidio, l’uccisione cioè del Capo-branco ed anche del “pasto rituale” per appropriarsi delle sue qualità, capacità, potenzialità.
Freud vide in questo paradigma la nascita del “senso di colpa”, legato quindi al “parricidio e alla ribellione alle leggi aggressive e castranti del padre.
Questa situazione sociale, poi cambia, all’incirca 35.000 anni fa con la nascita dell’agricoltura e dell’evoluzione dall’uomo sapiens in uomo sapiens sapiens, attraverso la nascita degli affetti e dei sentimenti specificatamente familiari, in cui anche la madre diventa punto di riferimento.
Il concetto archetipo del padre-padrone, che poi l’uomo identifica con Dio, che ti premia o ti punisce a seconda del tuo comportamento, rimane per decine di millenni, fino ad arrivare a 5500 anni fa con la religione dei Sumeri, che hanno inventato la scrittura.
Se si legge il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/1.html
si vede che già i Sumeri credevano che gli dei mandavano i terremoti per punire gli uomini; ovvero lo stesso concetto primordiale che gli dei (o più recentemente Dio) ti premiano o ti puniscono a secondo del tuo comportamento.
Ancor in modo più esplicito, la formulazione di questo concetto è stata tracciata già su un papiro, 2200 anni prima di Cristo, in occasione della caduta dell’Impero Egizio.
(vedi: http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva16.htm)
“Questo testo, che senza ombra di dubbio costituisce uno dei primi scritti della Storia, racconta l’angoscia di una persona colta e socialmente importante, forse uno scriba, che viene assalita da “un attacco di panico” di fronte al disgregarsi della forza vitale che aveva finora caratterizzato il proprio impero e, di riflesso, la propria esistenza. Da questa presa di coscienza, scaturisce una profonda reazione depressiva, da cui cerca di fuoriuscire interrogando la propria anima, nel tentativo di trovare in essa il motivo sufficiente per continuare a vivere. L’anima si impegna a fondo nel fornirgli valide e copiose risposte che possano indurre l’io sofferente a non abbandonare la vita, ma egli non si lascia convincere e, in preda alla più devastante disperazione, si uccide lanciandosi nelle fiamme.”
Dovranno passare ben 1600 anni, per far si che la mente umana elaborasse gradatamente nuove sinapsi. Ritroviamo, infatti, un episodio similare nel 600 a.c con il Libro di Giobbe, ambientato in Mesopotamia. Questo celeberrimo testo biblico costituisce il fondamento del superamento della domanda primordiale.
Nella versione originale, questa volta, Giobbe, alla fine, riesce a confrontarsi con Dio, che si rivela direttamente nella Sua vera natura. E”questa percezione non mediata del REALE che ingenera la nascita di nuovi concetti e di nuove sinapsi.
“Durante la visione del Principio Creatore, Giobbe sospende ogni giudizio, dato che comprende che le Leggi del Creato esistono indipendentemente da ogni desiderio umano: anche se per motivi assolutamente incomprensibili all’uomo, il Principio Vitale ingenera il sole, gli astri, gli oceani, insieme ai mostri Behemot e Leviatan. che sono emanazioni indissociabili della stessa Legge. Lo stesso Contenitore abbraccia aspetti diversi e contrapposti, senza contraddizione alcuna. Giobbe si rende conto che non è più possibile scindere il Creato nei suoi aspetti buoni e cattivi, che non esiste in Dio una volontà diretta volta alla protezione dell’Uomo e che le Sue Leggi non possono essere commisurate alla volontà umana.
Scrive G.Ravasi”...In questo mirabile discorso si celebra una vera e propria rivoluzione copernicana nella cultura dell'antico Oriente: l'uomo non è più al centro del creato, come insegnava la sapienza tradizionale, ma ne è solo una microscopica componente che non riesce a rendere conto dell'insieme del cosmo.
L' universo appare incomprensibile e ignoto nell' infinitamente grande (le strutture planetarie) e nell' infinitamente piccolo (il parto delle camosce). Eppure, l'Essere ha un progetto che tiene insieme armonicamente aspetti tanto disparati...(omissis)."

Purtroppo la presa di coscienza CHE NON ESISTE IN DIO UNA VOLONTA’ DIRETTA ALLA PROTEZIONE DELL’UOMO O ALLA SUA PUNIZIONE, acquisita già nel 600 a.C., è un qualcosa che spesso si dimentica e che le religioni travisano.
E anche il pensiero che tu dici, che sembra che le cose buone capitano agli altri e non a noi, discende da questi archetipi, in cui non ci spieghiamo il fatto che siamo FORSE PUNITI per colpe che non abbiamo fatto; mentre altri vengono premiati.
Un caro saluto,
Alessandra

Cara Margherita,
In psicologia quando i nostri pensieri sono disturbati da valutazioni sbagliate si parla di “distorsioni cognitive”. Che cosa sono le distorsioni cognitive? Sono una serie di pensieri che noi mettiamo in atto quando valutiamo qualche cosa o quando ci valutiamo. Purtroppo se tali pensieri svalutativi sono ricorrenti provocano un abbassamento dell’autostima. È importante allora prestare attenzione agli eventi, ai comportamenti, e anche alle valutazioni che facciamo di ciò che accade a noi e agli altri. Bisogna imparare a riconoscere i pensieri ripetuti con regolarità in certe occasioni per impedire che le valutazioni negative si trasformino in pensieri dannosi per il nostro umore e per le azioni che dobbiamo intraprendere. Credere che le cose positive accadano solo agli altri e quelle negative con maggiore frequenza a noi sottintende una valutazione sbagliata degli eventi che può ridurre anche il nostro senso di autoefficacia, ossia la consapevolezza che siamo in grado di portare a compimento quello che abbiamo intrapreso. Tali pensieri devono dunque essere riconosciuti e poi modificati. Ti elenco qualche distorsione cognitiva, così quando penserai a qualche situazione specifica potrai verificare se affiorano alla tua mente alcuni di questi modi di valutare: 1. INFERENZA ARBITRARIA: talvolta traiamo conclusioni frettolose sia su noi stessi (magari negative) sia sugli altri (magari positive), spesso in assenza di dati oppure disponendo persino di dati contrari. Prova a pensare in quale occasione ti è capitato di essere stata precipitosa e superficiale nella valutazione di un evento della tua vita, forse per stanchezza o per abitudine. Talvolta quindi attribuiamo agli altri più felicità di quanta realmente loro ne percepiscano; 2. ASTRAZIONE SELETTIVA: di tanto in tanto siamo portati a focalizzarci su un dettaglio negativo e non riusciamo a vedere altro. Se in un contesto astraiamo solo un episodio positivo e lo attribuiamo agli altri, non abbiamo una percezione corretta di ciò che accade. Viceversa se in una conversazione che ci riguarda mettiamo in luce solo un aspetto poco piacevole, siamo poi portati a dare una valutazione negativa di noi stessi e della conversazione; 3. SOVRAGENERALIZZAZIONE: sulla base di un caso singolo traiamo conclusioni generali (ieri hai preso un voto basso di matematica e pensi: “in matematica non riesco mai”; “sbaglio sempre”); 4. MAGNIFICAZIONE: sovrastimiamo gli eventi negativi; 5. MINIMIZZAZIONE: sottostimiamo gli eventi positivi (facciamo però il contrario quando eventi positivi e negativi accadono agli altri); 6. PERSONALIZZAZIONE: se una cosa va male attribuiamo la colpa sempre a noi stessi, e ci assumiamo la responsabilità solo per gli eventi negativi. Infatti se qualcosa va bene diciamo che siamo stati fortunati o che il compito era facile. 7. PENSIERO DICOTOMICO: ragioniamo in termini di " tutto o niente”, senza vedere le sfumature.
Nella vita accadono continuamente degli eventi: casi più o meno fortuiti. Quello che proviamo però dipende dalla nostra valutazione. Ci sono persone che in ogni contesto vedono costantemente aspetti negativi e altre che sanno concentrarsi maggiormente su quelli positivi.
Dopo aver prestato attenzioni alle considerazioni che facciamo delle circostanze in un cui agiamo, pensa anche che si possono migliorare le proprie abilità. L’affinamento delle capacità richiede tempo e lavoro. Ma il perfezionamento di qualche capacità ti farà sentire più adeguata e ti aiuterà ad avere una valutazione migliore di te. Senti cosa scriveva l’imperatore Marc’Aurelio (121-180 d.C.) nei Ricordi (Einaudi 2006): “Gli uomini non ammireranno l'acutezza del tuo ingegno? E sia pure! Ma esistono molte altre cose delle quali non puoi dire: — Non sono tagliato per questo —. Sforzati quindi d'esercitare quelle che dipendono completamente da te: la sincerità, la dignità, la resistenza alle fatiche, la rinuncia ai piaceri, l'esser pago della propria sorte, la sobrietà, la dolcezza, la libertà, la semplicità, il disdegno del lusso, la grandezza d'animo. Non conosci quante cose esistono che puoi fare senza addurre alcun motivo di non esserne idoneo per natura”.
Un caro saluto,
Alberto

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