lunedì 8 marzo 2010

L'aborto


Io ti amo, ma non nascerò mai.
“Tu non mi vedi ancora, non sai della mia esistenza, ma io sono qui: sono nel tuo grembo frutto del tuo amore.
Tu non sai che esisto, eppure io ti amo già. Sono piccolo, debole e indifeso, ma spero che tu mi vorrai proteggere, far nascere e far crescere con il tuo amore.
Dal giorno in cui hai scoperto la mia esistenza piangi ogni sera.
Sono triste di essere la causa della tua tristezza.
Forse è meglio se non mi farai nascere…
Una sera sento qualcosa cambiare in te, hai deciso, non nascerò.
Ti rechi in un laboratorio, non è una cosa complicata, basta poco.
Ma io spero ancora: non lasciarmi andare!”
Che diritto ha una donna di negare la vita a un’altra creatura?
Francesca


Cara Francesca,
prendo spunto dalla tua lettera, per fare alcuni POST di BIOETICA, iniziando con quello sull'aborto. Per "par condicio", segnalo una pagina web "contro l'aborto", da cui ho preso le immagini (http://www.sandrodiremigio.com/blog/aborto_embrione_ivg_omicidio.htm), e un articolo del giornale.it (http://www.ilgiornale.it/interni/aborto_difendo_ragioni_cuore/21-02-2010/articolo-id=423763-page=0-comments=1).
e soprattutto un articolo del corriere della sera ON LINE, del 20 Febbraio 2010, di cui riporto dei brani significativi (http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/20/duri_anti_aborto_contro_Fisichella_co_8_100220024.shtml):
"CITTÀ DEL VATICANO - Cinque membri (su 158) della pontificia Accademia per la Vita chiedono al Papa la testa del presidente, l' arcivescovo Rino Fisichella, definito «un ecclesiastico che non capisce cosa comporta il rispetto assoluto per le vite umane innocenti». Un attacco dal fronte «pro life» più radicale - diffuso via Internet con un gesto giudicato «grave» e «scorretto» dalla Santa Sede - che risale a una vicenda atroce dell' anno scorso: una bimba brasiliana stuprata dal patrigno rimase incinta di due gemelli; era stata violentata e picchiata più volte, aveva nove anni e pesava trenta chili: per salvarla, i medici la fecero abortire. Fu a quel punto che l'allora arcivescovo José Cardoso Sobrinho pensò di annunciare pubblicamente la «scomunica» contro «tutte le persone coinvolte nell' aborto». L' uscita creò sconcerto, anzitutto fra i cattolici, finché Fisichella, il 15 marzo, pubblicò un articolo («Dalla parte della bambina brasiliana») sull' Osservatore Romano: «L' aborto provocato è sempre stato condannato dalla legge morale», scriveva, ma la bimba «doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei; tutti, senza distinzione alcuna. Prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti insensibile, incomprensibile e privo di misericordia». Al compimento dei 75 anni, l' arcivescovo brasiliano è stato subito messo in pensione. La congregazione per la Dottrina della Fede, contro la «manipolazione e strumentalizzazione» dell' articolo di Fisichella, ha chiarito che vi si «proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della bambina». Ma le polemiche dei «duri» non si sono placate. La cosa non ha avuto conseguenze. Nell' ultima riunione, una settimana fa, nessuno ha mai posto il tema delle dimissioni. Del resto, oltre alla presidenza e al consiglio direttivo, l' Accademia per la Vita è composta da 158 membri fra ordinari, onorari e corrispondenti: e la «fronda» è firmata da tre membri ordinari (su 56) e due corrispondenti (su 87). Il più noto è Michel Schooyans, cui Ratzinger scrisse l' introduzione a un libro nel ' 97. Ma in Vaticano c' è grande irritazione. La «lettera» dei cinque che chiedono ai «responsabili» (cioè Benedetto XVI e il cardinale Bertone, dai quali sono stati nominati) di far dimettere Fisichella è stata diffusa in Internet."
Fatte queste premesse, veniamo alla tua domanda specifica:"Che diritto ha una donna di negare la vita a un’altra creatura?"
A questa dobbiamo associare un’altra domanda non secondaria: “Che diritto hanno gli altri per costringere una donna a portare avanti una gravidanza non voluta?”
Vediamo, prima, cos’è un diritto. Da Wikipedia leggiamo che il significato più comune, in riferimento al nostro problema, è: “L'insieme ed il complesso (in genere sistematico) delle norme che regolano la vita dei membri della comunità di riferimento”. Per cui, senza una comunità di riferimento, il DIRITTO perderebbe significato.
Una delle concezioni più risalenti è la cosiddetta. teoria del diritto naturale, o giusnaturalismo. Tale teoria postula l’esistenza di una serie di princìpi eterni e immutabili, inscritti nella natura umana, cui si dà il nome di diritto naturale. Il diritto positivo (cioè il diritto effettivamente vigente) non sarebbe altro che la traduzione in norme di quei princìpi. Il metodo adottato dal legislatore è dunque un metodo deduttivo: da princìpi universali si ricavano (per deduzione) le norme particolari. Il problema è che non sempre vi è pieno accordo su quali siano i PRINCIPI UNIVERSALI ISPIRATORI DELLE NORME GIURIDICHE. Le Chiese, principali assertrici del diritto naturale, tendono ad identificarlo con i princìpi dettati dai loro testi sacri (la Bibbia, il Corano, etc.); gli studiosi laici con princìpi diversi (di giustizia, equità, il popolo, lo stato, o LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI DELLE NAZIONI UNITE.). Non essendoci accordo sui princìpi-base (a meno che essi non siano imposti da un potere autoritario), viene a cadere il fondamento stesso della teoria del diritto naturale. Ricordiamo, inoltre, che da pochi anni esistono delle TEORIE di etica evoluzionista (vedi il mio post sul BENE e sul MALE) che cercano di individuare dei VALORI ETICI ACQUISITI DALL'UOMO, tramite l'evoluzione, indipendentemente dalle religioni (probabilmente, così, si spiega il perchè quasi tutti i paesi civili moderni, come vedremo più avanti, ammettono l'aborto su richiesta della madre: a livello inconscio, se non condizionati dalle religioni, diamo più valore al benessere psicofisico della madre che non al nascituro).
Ma, ad esempio, anche nel caso del DIRITTO CANONICO CATTOLICO, mentre l’ABORTO comporta la SCOMUNICA AUTOMATICA, senza se e senza ma; nel caso della bambina brasiliana di 9 anni stuprata dal padre, la DOTTRINA che teoricamente dovrebbe essere di ISPIRAZIONE DIVINA, quindi PERFETTA, crea grossi problemi di interpretazione anche all’interno della comunità cattolica, e ai suoi più alti livelli.
Decisamente indicativa è la mappa delle legislazioni sull’aborto, che troviamo nel sito web (http://it.wikipedia.org/wiki/Legislazioni_sull%27aborto), in cui si evince che la quasi totalità dei paesi civili dell’emisfero NORD della terra e in SUD AFRICA (colorata in azzuro), l’ABORTO E’ LEGALE SU RICHIESTA DELLA MADRE; in INDIA, legale per stupro, protezione della vita della madre, salute fisica, salute mentale, fattori socioeconomici, e/o anomalie del feto; in MESSICO ed AUSTRALIA, legale per stupro, protezione della vita della madre, salute fisica, salute mentale, e/o anomalie del feto; in BRASILE Illegale con l'eccezione di stupro, protezione della vita della madre, salute fisica, e/o salute mentale; NEL RESTO DELL’AFRICA e nel resto del SUD AMERICA, Illegale con l'eccezione di salute fisica, protezione della vita della madre, e/o salute mentale; in CILE e in pochissimi altri stati di minore importanza, Illegale senza eccezioni.
In conclusione, la risposta alla tua domanda dipende dalla volontà delle singole donne (dalla loro cultura, visione di vita, religione, morale, etc.); mentre la risposta alla domanda parallela (“Che diritto hanno gli altri per costringere una donna a portare avanti una gravidanza non voluta?”) dipende SOLO dalle LEGISLAZIONI VIGENTI NEI RISPETTIVI STATI, che possono essere però aggirate, andando ad abortire all’estero, e poi ritornare nello stato di partenza. Personalmente, come donna, difficilmente deciderei di abortire, ma non mi sento di giudicare i singoli casi delle altre donne.
Una cosa, però, ritengo essenziale; ed è che le donne devono essere pienamente informate su tutte le possibili conseguenze civili e psicofisiche che un aborto o un mancato aborto comporta, in modo da decidere liberamente.
Un caro saluto,
Alessandra


Cara Francesca,
hai scritto una lettera intensa su una tematica delicata che suscita forti emozioni. Hai dato voce, pensiero e sentimenti a chi deve venire alla luce, e hai immaginato sia la capacità di un nascituro di sentire empaticamente quello che prova la mamma (la tristezza invece della gioia) sia la speranza salda di nascere fino all’ultimo.
Desidero riportare qui di seguito le posizioni più importanti sull’aborto che sono state efficacemente riassunte da Maurizio Mori nel libro “Aborto e morale. Capire un nuovo diritto” (Einaudi 2008).
“Fino a pochi anni fa, i dibattiti circa l'eventuale liceità dell'aborto riguardavano soprattutto le fasi avanzate o finali della gravidanza. Oggi invece la controversia investe soprattutto il primo trimestre, periodo in cui avviene la stragrande maggioranza degli aborti, circa il 90 per cento dei casi. D'ora in avanti, quando parlerò di aborto presupporrò sempre questo primo periodo.
Le principali posizioni in campo sono le seguenti:
La posizione cattolica: Afferma con vigore la «condanna morale di qualsiasi aborto procurato» (Donum Vitae 1987, I, 1), atto che non è mai ammesso: né quando necessario per salvare la vita della donna, né quando la gravidanza è conseguente a violenza carnale, né quando il feto ha gravi malformazioni. Anche se molti teologi cattolici sostengono che l'embrione è persona dal concepimento (tanto da far credere che questa sia la posizione ufficiale), il magistero ecclesiastico non afferma affatto che il feto è persona. Anzi, esplicitamente dichiara di astenersi dal prendere posizione in materia, sostenendo solamente che l'embrione va comunque trattato come una persona. Inoltre, questa posizione
(A questo riguardo, ad esempio, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) afferma che l'embrione «deve essere trattato come una persona» (n. 2274, il corsivo è mio) oppure che «dal primo istante della sua esistenza l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona» (n. 2270, il corsivo è mio), ma mai che l'embrione è persona).
La posizione del Movimento perla Vita: Come quella cattolica si oppone all'aborto, da cui si distingue per i seguenti aspetti: 1) afferma esplicitamente che l'embrione è persona dal concepimento e che l'aborto è un vero e proprio omicidio; 2) lascia libertà di opinione circa la liceità morale della contraccezione, perché altro è «prevenire la formazione di una vita» e altro è «distruggere una vita già esistente»; 3) è propensa ad ammettere qualche eccezione al divieto generale di aborto, per esempio ove fosse necessario per salvare la vita della donna (pur sottolineando che il problema delle eccezioni è oggi poco rilevante, perché limitato a pochissime situazioni da vagliare caso per caso).

La posizione per la legalizzazione dell'aborto: Ammette l'aborto, osservando che esso già di per sé costituisce una scelta tragica per la donna, e che la società non deve infierire ulteriormente con divieti giuridici che rendono la situazione ancora piú difficile spingendo la donna all'aborto clandestino. L'aborto deve essere regolato socialmente perché non è un mero «problema privato» che può essere lasciato alla discrezionalità della donna, ma va consentito entro le forme istituzionali di controllo. Queste, tuttavia, di solito, oggi ammettono l'aborto anche per motivi psicologici ed economici, per cui - pur restando il principio del «controllo sociale» in materia - in pratica l'aborto è (quasi) sempre consentito a discrezione della donna.
La posizione per la liberalizzazione dell'aborto: Afferma che l'aborto è un mero «problema privato» della donna, e come tale deve essere risolto nella riservatezza del rapporto medico-paziente: la legge deve limitarsi a garantire solo la correttezza dell'intervento medico, e la donna può pretendere l'aborto a semplice richiesta. La donna ha il controllo della propria fertilità e diventa sovrana di quanto accade nel proprio corpo anche circa la generazione. In questo senso la posizione è specularmente opposta a quella cattolica.
Tra, queste posizioni ci sono significative differenze, ma lo spartiacque in materia è tra chi consente in qualche modo l'aborto e chi lo vieta con decisione. Poiché per appoggiare il divieto sembra che oggi si debba sostenere che l'aborto è un vero e proprio omicidio, la posizione del Movimento per la Vita ha un ruolo decisamente dominante nel dibattito contemporaneo, tanto che le differenze con la posizione cattolica sembrano essere di poco conto e passano in secondo piano. Infatti, l'intera controversia sembra dipendere dalla questione se l'embrione sia o no persona. L'antiabortista è cosí sicuro della risposta affermativa da proporre l'argomento dell'omicidio che porta a impostare il problema nel modo seguente: se l'embrione è persona, allora l'aborto è sempre (moralmente) illecito in quanto omicidio, e se invece non è persona, allora è sempre lecito. Specularmente opposto a quest'argomento è l'appello al diritto alla vita dell'embrione, da cui deriva il correlativo divieto di uccidere l'embrione stesso. Questa tesi è a volte formulata in modo conciso nella domanda: «l'embrione è cosa o persona?», dove è sottinteso che la risposta corretta è la seconda. (Poiché in questo libro considero il problema della moralità dell'aborto solo nei primi tre mesi di gravidanza, uso i termini « embrione» e «feto» come sinonimi, anche se dal punto di vista tecnico si chiama «embrione» il prodotto del concepimento fino all'ottava settimana - due mesi -, dopo di che diventa «feto».)
Di fronte a un'accusa cosí forte come quella dell'antiabortista, alcuni sono disposti ad ammettere che l'aborto sia davvero un omicidio, atto che riconoscono essere moralmente riprovevole, ma - osservano - che può essere giuridicamente permesso ove attuato entro i limiti di legge. Infatti, secondo la dottrina giuspositivista, il diritto può ammettere qualunque contenuto morale e quindi, almeno dal punto di vista tecnico-giuridico, non ci sono ostacoli a tale soluzione. L'antiabortista critica subito questa posizione sottolineando come essa violi il principio di eguaglianza tra le persone e apra la strada a ingiuste discriminazioni. Se si ammette che l'aborto è davvero un omicidio, allora questa critica sembra essere sostanzialmente valida.
Di solito, tuttavia, chi è favorevole a una legislazione permissiva semplicemente evita di considerare la questione della natura del feto, spesso osservando che l'etica è un lusso eccessivo in questo campo. Sottolinea invece che: 1) la donna è già in grave difficoltà e la sua situazione non deve essere ulteriormente aggravata da ostacoli giuridici; 2) la legislazione permissiva non intende avallare la moralità dell'aborto, ma semplicemente evitare l'aborto clandestino che alimenta l'illegalità e spesso mette in pericolo la vita delle donne; 3) il divieto obbliga tutti ad astenersi dal comportamento indicato, mentre il permesso non impone l'azione, ma semplicemente la consente a chi vuole compierla, e questa asimmetria è garanzia di libertà per tutti”.

Un caro saluto,
Alberto

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