lunedì 9 novembre 2009

La passione d'amore



A volte mi capita di non riuscire a capire, a definire quello che provo per le persone a cui tengo, e come si fa a stabilire con certezza il punto in cui non si tratta solo più di affetto o di una profonda amicizia, ma di qualcosa di più. Sono quasi quattro anni che trascorro la maggior parte delle mie giornate con una persona di cui mi accorgo di non poter più fare a meno: ridiamo, parliamo, ci raccontiamo i nostri problemi e le nostre esperienze, siamo complici in tutto. Spesso, manifestandogli il mio affetto, mi sono chiesta se i sentimenti che provo per lui non siano quelli che si hanno verso un semplice compagno di scuola o vanno oltre e quello che ci lega sia qualcosa di più profondo. L'unica cosa di cui sono sicura è che non c'è momento della giornata in cui non sia nei miei pensieri: per me è un punto di riferimento, una certezza sulla quale so di poter contare costantemente: ho sempre bisogno della sua presenza, ma anche della sua approvazione in ogni mia scelta. Non posso dire di essergli amica, ma allo stesso tempo nemmeno di essere innamorata, al contrario di lui: è forse proprio il fatto che mi manifesti così apertamente i suoi sentimenti che rende così difficile definire i miei e quale sia il confine tra amicizia e amore; si escludono a vicenda o si possono considerare l'uno il punto di partenza dell'altro?
Ogni riferimento a persone e/o cose è puramente casuale!!!

Alessia



Cara Alessia,
la tua domanda mi ha fatto ricordare un bellissimo articolo del corriere della sera del 2002, in cui la giornalista Serena Zoli presentava un libro di Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice. Il libro si chiama “La natura dell’amore”, che ti consiglio di acquistare.
“Si dice che dell’amore si è detto tutto, eppure queste sono parole nuove. Non ancora un discorso, ma frammenti, balbettii, di un inedito discorso amoroso che, se anch’esso parte da batticuore ed estasi, è per cercare gli amplessi chimici, gli impulsi elettrici, i matrimoni cellulari che li provocano. Indagine meccanicistica sull’amore, profanatorio tentativo di crocifiggere i palpiti del cuore a formule e leggi di pura materia? Ma «sembra che la materia abbia una natura psicologica»: la replica non viene da aridi scienziati riduzionisti, ma dal poeta Goethe, che già sospettò impulsi d’ordine fisico per spiegare l’ineluttabilità delle Affinità elettive . E già Cartesio aveva collocato le passioni nella ghiandola pineale, o epifisi. E, ancora più indietro, già Ippocrate, secoli prima di Cristo, sanciva: «Sappiano gli uomini che dal cervello e solo dal cervello derivano piacere, gioia, riso così come tristezza, pena» e via via fino al pensare e al sentire, i sentimenti tutti. Le citazioni "alte" sono d’obbligo onde stornare l’accusa di violata umanità per chi si avventura nelle neuroscienze a dimostrare che «il corpo è il teatro delle emozioni». Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice formatasi nella prestigiosa scuola dell’Università di Pisa, si appella in apertura di libro ( La natura dell’amore) anche a un nome più recente, Sandor Màrai, il romanziere ungherese che in un passo lega l’amore a una «volontà... nell’universo» la quale tocca «gli animi e i nervi» e «le menti più lucide».
La dottoressa Marazziti chiarisce subito che per ora di certo non c’è molto. Ma c’è quanto basta per ipotizzare una rete di sottotracce che, passando per amigdala e lobi frontali, ossitocina e serotonina, ippocampo e corteccia, finiscono per delineare il «ritratto» biologico, l’interfaccia corporea, dell’amore cantato dai poeti, analizzato dagli psicologi e, modestamente, provato da tutti noi, o quasi.
«Quasi» perché tra le patologie dell’amore la psichiatra annovera (come gli psicologi, del resto) l’incapacità o la paura di innamorarsi, e qui i maggiori sospetti - oltre che su un vissuto infantile disastroso o traumatica delusione, che costituirebbero l’«interfaccia» emotiva (e psicoanalitica) - cadono su un’amigdala malfunzionante o su una scarsa fornitura di dopamina (il professor Gessa dell’Università di Cagliari, noto ricercatore, ha battezzato questa sostanza chimica «la benzina del desiderio», quella che può far scoccare la «scintilla» dell’innamoramento).
Prove? Indirette. Persone con lesioni al nucleo cerebrale dell’amigdala presentano «cecità affettiva»: caso estremo, un paziente che restò impassibile alla notizia della morte improvvisa di entrambi i genitori. E chi soffre di depressione lamenta spesso la perduta capacità di provare sentimenti: in questi malati alterato e carente è soprattutto il sistema della serotonina, la sostanza o neurotrasmettitore chimico che più influenza l'amigdala. Ripristinata con gli psicofarmaci la corretta biochimica cerebrale, sparisce la depressione e ricompare la capacità d’amare.
«E’ dalle malattie che noi medici e ricercatori scopriamo i meccanismi interni del corpo e ipotizziamo quelli della normalità», spiega Donatella Marazziti, giovane donna graziosa con lunghi capelli biondi. «Sull’amore di sicuro sappiamo che certe patologie rendono incapaci di provarlo, ma accade anche che un innamoramento scateni gravi disturbi in persone fino a quel momento sane. E’ un tale sconquasso, l’amore...», commenta con un sorriso malizioso. Di questo sentimento la studiosa, che ha grande abilità di scrittura, fluida e accattivante, scrive con grande entusiasmo. Un entusiasmo da scienziata (la scienza dice che l’amore è stato inventato dalla natura per garantire la continuità della specie), ma ben colorato da una sensibilità di donna («l’amore è, può essere la più grande, e più rigenerante, gioia della vita»).
Quanto all’innamoramento che può scatenare - anche quando pienamente ricambiato! - disturbi ossessivo-compulsivo, depressivo e altri ancora, la spiegazione, già ipotizzata da Michael Liebowitz nel suo La chimica dell’amore nel 1983, sarebbe questa: l’innamoramento libera di colpo nel cervello un «diluvio» di sostanze simili all’anfetamina. Se quel cervello di quella persona ha una predisposizione a una certa malattia, le strutture già vulnerabili non reggono all’urto di quell’inondazione («anche se gioiosa, è comunque uno stress») ed ecco scatenarsi il disturbo fino allora latente.
Per indirizzarsi verso lo studio biologico dell’amore, che sta continuando in laboratorio («a settimane avrò la risposta se più alti livelli di ossitocina, un peptìde, garantiscono maggior durata della relazione affettiva»), la dottoressa Marazziti è partita da una constatazione di cui arrivò notizia sui giornali e a Quark : «Da innamorati, siamo invasi dal pensiero ossessivo dell’altro, allora mi sono chiesta se a livello biochimico si riscontrino somiglianze con quanti soffrono di disturbo ossessivo. Ho analizzato un certo numero di volontari (studenti, naturalmente) appena innamoratisi e un ugual numero di malati, e ho riscontrato nei due gruppi una analoga riduzione del sistema serotoninergico. Allora, perché non inseguire i possibili meccanismi della normalità in altre aree cerebrali?».
Ma a che scopo? Trovare farmaci per curare l’amore o anche veri filtri per fare innamorare? Oppure, come diranno altri, per spoetizzare il cuore e il sogno e ridurre l’uomo a una macchina? «No, no, come si può togliere poesia al sentimento più bello?», ride la Marazziti. Che, tornando scienziata, aggiunge: «Si pensi a Galileo: il suo cannocchiale, e successivamente i telescopi, hanno forse distrutto l’incanto del cielo stellato? O lo sbarco degli astronauti il fascino misterioso della Luna? No, spiegare la natura non significa diminuire l’uomo, ma permettergli di vivere meglio. Nel caso dell’amore, se arriviamo a capirne la vera realtà biologica, potremo liberarci dalle incrostazioni e deformazioni imposte dalla cultura e dalla società e viverlo nella sua pienezza originaria, prepotentemente naturale e umanissimo».”


Un caro saluto
Alessandra



Cara Alessia,

L'amore è un sentimento attivo, non passivo;
è una conquista, non una resa.


Nel 1956 il grande psicoanalista e sociologo tedesco Erich Fromm (1900-1980) scrisse un libro molto bello sull’amore, L’arte di amare (Mondadori, 1999). Ebbe notevole successo e ancora oggi è uno dei libri più letti su questa tematica. È un testo che ho sempre apprezzato, perché sostiene una cosa che oggi spesso si dimentica, ossia che l’amore non è solo una piacevole sensazione o una felice combinazione tra persone, ma soprattutto, come dice il titolo, è un’arte. La parola arte fa riferimento ad un’attività, come la musica, la danza, la pittura, e dunque, come ogni arte, richiede impegno e saggezza. Sembrano parole insolite per l’amore, ma senza applicazione, equilibrio e discernimento ogni tentativo di amare conduce fatalmente alla delusione ed è destinato alla disfatta.
In realtà l’amore che, come diceva Schopenhauer, “si impadronisce della metà delle forze e dei pensieri dell’umanità più giovane” pervade ogni aspetto della vita (canzoni, film, poesie, racconti), ed è forse per questo che, secondo Erich Fromm, molte persone ritengono che in materia d’amore non vi sia nulla da imparare. “La gente - scrive infatti - non pensa che l'amore non conti. Anzi, ne ha bisogno; corre a vedere una serie interminabile di film d'amore, felice o infelice, ascolta canzoni d'amore; eppure nessuno crede che vi sia qualcosa da imparare in materia d'amore”. Anche in amore, però come in tutte le arti, occorre un processo di apprendimento. Perché l’amore è una conquista, una lenta acquisizione.
Ho pensato di scegliere alcuni aspetti del libro che ci possono aiutare per una riflessione.
A. L’idea di partenza consiste nel ritenere l’amore un sentimento attivo e non passivo;
B. L’autore individua poi alcuni elementi comuni nelle diverse forme d’amore,
C. Infine indica alcune caratteristiche necessarie per la pratica dell’amore.
A.
1. L'amore è un sentimento attivo, non passivo. Secondo l’autore: “la maggior parte della gente ritiene che amore significhi essere amati anziché amare”. Per questo motivo uomini e donne cercano modi diversi per “farsi amare”. Gli uomini ricercano la propria affermazione, il potere, la ricchezza o la posizione sociale; le donne, cercano di rendersi seducenti, affascinanti, curano la bellezza e il modo di vestire. Ma non è così, l’amore è un sentimento attivo (vedremo tra poco).
2. L’amore è una capacità che si sviluppa, non un problema di oggetto.
Si ritiene che amare sia semplice, - dice Fromm - ma che trovare il vero soggetto d'amare o dal qual essere amati sia difficile”. L’autore avverte che talvolta consideriamo le persone un po’ come degli oggetti, ossia verifichiamo se sono desiderabili. “Si è alla ricerca di un oggetto - dice Fromm - e l'oggetto può essere desiderabile da un punto di vista del suo valore sociale e nello stesso tempo può volere me per le mie caratteristiche interiori ed esteriori. Così due persone si innamorano certe di aver trovato sul mercato l'oggetto migliore e più conveniente, considerando i limiti del loro valore di scambio”.
3. C’è differenza tra l’innamoramento iniziale e “lo stato permanente di essere innamorati”.
L’intimità che sorge all’inizio di una relazione, l’affiatamento, la sintonia immediata, gradualmente con il tempo, per la consuetudine, le divergenze, i tempi cominciano a diminuire. Scrive Fromm che molte persone: “scambiano l'intensità dell'infatuazione, il folle amore che li lega, per la prova dell'intensità del loro sentimento, mentre potrebbe solo provare l'intensità della loro solitudine”. Anche l’innamoramento deve essere alimentato.
4. Amare ha a che fare con il dono.
Nella mentalità consumistica spesso pensiamo che dare sia privarsi di qualcosa, cedere qualcosa che ci appartiene e non averlo più. E soprattutto pensiamo che se uno dà deve anche ricevere, altrimenti o si illude o è ingannato. Nella mentalità dell’amore, che prevede un’attività del soggetto, dare è invece un atto di forza e di valore (“la più alta espressione di potenza”). Nell’atto di dare (la gioia, la propria vitalità) uno offre ciò che lo rende vivo e la vitalità stessa riempie di gioia, vita e felicità.
B.
Fromm elenca quattro elementi comuni a tutte le forme di amore:
1. La premura: se una persona dice di amare i fiori e si dimentica di annaffiarli non crediamo nel suo amore per i fiori. Per questo sostiene che “l’amore è interesse attivo per la vita e per la crescita di ciò che amiamo: dove non c'è questo interesse non esiste amore”.
2. La responsabilità: Responsabilità deriva dal verbo respondeo (rispondere) ed è la capacità di rispondere ai bisogni espressi o inespressi di una persona. Sentire che una persona ha dei bisogni e rispondere a quei bisogni significa diventare responsabili. E la responsabilità è una scelta volontaria della persona che, anche qui, implica attività.
3. Il rispetto: Rispetto deriva dalla parola latina respicere (guardare). Quindi rispettare una persona significa saperla vedere per come essa è e desiderare che si sviluppi seguendo i suoi desideri. Rispettare significa non voler ridurre l’altro a me stesso, ma guardare l’alterità dell’altro e prendersi cura di lui.
4. La conoscenza: La conoscenza permette di amare meglio una persona. Chi conosce intimamente l’altro, lo comprende senza distorcere i suoi sentimenti. Solo la persona che conosce intimamente l’altra può comprendere che la rabbia può nascondere l’incertezza; l’ansia, una sofferenza e non collera. La conoscenza permette di comprendere che cosa si cela di fronte alla manifestazione di una emozione.
C.
La pratica dell'arte di amare richiede:
1. Disciplina: Senza disciplina non si costruisce nulla. Gli uomini lavorano per molte ore per scopi che non sono i propri, dunque devono essere disciplinati anche se vogliono realizzare la propria storia d’amore. E la disciplina in questo caso non dura pochi giorni, ma è una disciplina di un’intera vita.
2. Concentrazione: è una pausa dall’iperattività: la concentrazione consente di ascoltare, il silenzio, di osservare. Concentrarsi significa vivere pienamente nel presente, il momento attuale, senza pensare ai prossimi impegni.
3. Pazienza: tutta la nostra vita si basa sulla rapidità; ma le macchine sono fatte per la rapidità, mentre nei rapporti umani serve la pazienza. Il tempo non si acquista con la velocità, ma con la lentezza.
4. Supremo interesse: per diventare maestri in un’arte bisogna dedicare ad essa del tempo. A ciò che è importante dedichiamo del tempo. Se vogliamo migliorare nell’amore dobbiamo considerare l’amore un supremo interesse e dedicare alla persona amata le nostre attenzioni e il nostro tempo.
5. Essere sensibili con se stessi: riuscire a sentire che cosa accade in noi, per non attribuire all’altro i problemi. Riuscire a riconoscere quando si è stanchi o si è arrabbiati per non accusare l’altra persona. È una sensibilità che si acquisisce, è la capacità di sentire cosa avviene dentro di noi, di comprenderne le ragioni invece che di lasciarsi andare.
Concludo con una frase di Fromm: “Basta guardare un bambino che impara a camminare. Cade, si rialza, poi torna a cadere; eppure continua a provare e riprovare, finché un giorno camminerà senza cadere. Che cosa non potrebbe raggiungere la persona adulta, se avesse la pazienza del bambino della sua forza di volontà nel conquistare ciò che per lei è così importante”. L’amore certamente appartiene da una parte alla componente istintiva, è infatti un desiderio che chiede di essere appagato; dall’altra, è un’attività che richiede coraggio, perché senza coraggio subentra la paura e poi la fine della progettualità.

Un caro saluto,
alberto

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