lunedì 11 gennaio 2010

La libertà


Che cos'è la libertà? Riflettendo su Kierkegaard e Schopenhauer mi sono riaffiorate numerose riflessioni sulla libertà che da sempre hanno accompagnato la mia vita e a cui non ho mai dato una risposta. Forse questa domanda si avvicina molto alle cosiddette "domande esistenziali" su cui ciascuno riflette, ma in realtà non esiste una risposta univoca e universale. La ricerca però di una risposta credo però che sia necessaria per soddisfare la mia curiosità che non è di certo frenata dalla consapevolezza che nessuno potrà mai darmi una risposta esauriente, poiché ogni risposta ritengo sia frutto di una interpretazione soggettiva. Fino ad ora non mi sono mai rispecchiato in una sola filosofia, in una corrente di pensiero o in una religione, ma mi sono limitato a farmi "percorrere" dalle varie filosofie e dalle religioni. Lo studio di alcuni autori ha aumentato in me la curiosità di comprendere che cosa significhi la parola "libertà", ma non mi ha dato però delle risposte. La definizione che trovo nel dizionario (che descrive l'uomo libero come colui che non è legato a vincoli e ad una autorità, non sottoposto a controlli e restrizioni e che può agire senza subire costrizioni morali e materiali) non soddisfa la mia curiosità.
La visione pessimistica di Schopenhauer ritiene che l'uomo sia privo di libertà, di libero arbitrio. L'uomo infatti, secondo Schopenhauer, non è libero poiché è sottoposto ad un impulso, alla cosiddetta volontà di vivere che lo induce ad agire e a vivere. In questo senso l'uomo non risulta padrone delle proprie scelte, ma un semplice burattino i cui fili sono comandati da una volontà inconscia, unica ed eterna.
Kierkegaard ritiene che l'uomo possieda una libertà finita. Questa libertà è chiaramente visibile nelle alternative possibili che si pongono all'uomo. Egli infatti è costretto a scegliere e la scelta implica una forma di libertà che, in caso contrario, non potrebbe essere considerata come tale, bensì come una costrizione. Ma lo stesso Kierkegaard ritiene che esista in tutto ciò una contraddizione: se Dio è tutto come è possibile che le nostre scelte siano libere, non condizionate da Dio? Questa contraddizione però non viene affrontata. Viene dato un senso a tutto ciò grazie alla fede che è qualcosa che va al di là della nostra comprensione e giustifica questo paradosso. Ritengo sia troppo semplice affidarsi alla fede. Nei secoli si è attribuita alla fede la spiegazione di tutto ciò che non è stato comprensibile all'uomo, non perché è trascendente, ma poiché non è compreso. In questo senso ho molta fiducia nella ragione.
Si ritiene che la possibilità di scelta sia una caratteristica propria dell'uomo. Noi però questa affermazione non la possiamo dimostrare. Come facciamo a sapere che un animale o una pianta non posseggano una capacità di scelta? Noi riteniamo che essi agiscano seguendo l'istinto, non è affermabile la stessa cosa per l'uomo? Inoltre la distinzione tra uomo e animale non credo sia così rilevante come la cultura ci insegna. La teoria dell'evoluzione di Darwin è un chiaro esempio di come noi siamo semplicemente una forma evoluta dell'animale e la differenza in fondo è molto sottile.
Noi quindi prendiamo consapevolezza della nostra libertà poiché riteniamo di avere possibilità di scelta. Come possiamo però noi affermare che questa possibilità non sia solamente una illusione? Infatti non possiamo dimostrare che le nostre scelte non siano determinate da un "qualcosa" di superiore, un Dio o qualsiasi altro tipo di forza sconosciuta all'uomo. In questo caso la nostra libertà sarebbe solamente apparente, una semplice illusione. Immaginando di guardare con occhi estranei il genere umano si comprenderebbe come anche il genere umano, come tutti gli altri esseri viventi del resto, nasce, cresce e muore.
Questa in fin dei conti è la sintesi della vita umana in cui la libertà sembra essere inesistente, una utopia. Gli altri eventi della vita in effetti sono poco rilevanti, proprio come i diversi comportamenti dei vari animali appartenenti alla stessa specie. Si nasce, si cresce e si muore proprio come qualsiasi altro essere vivente: questo mi rende difficile pensare che esista una qualsiasi forma di libertà nell'uomo che mi sembra essere così simile ad un animale comandato dall'istinto.
Senza la libertà però non riesco a dare una spiegazione ed un senso alla mia vita e a renderla diversa da quella di qualsiasi altro essere umano. Tutto risulta inutile se il mio destino è già determinato, così come qualsiasi mia scelta. Sono costretto, anche contro la mia ragione, a pensare che la realtà esista per dare un senso a tutto ciò che faccio ma ritengo di autoilludermi.
Esiste dunque la libertà?

Mi rendo conto che il ragionamento sia un po' "contorto", spero però risulti essere chiaro.
Grazie.
Gianluca



Caro Gianluca,
il problema della libertà e del libero arbitrio è stato nei secoli molto dibattuto e controverso, per cui per dare una risposta adeguata, segnalerò alcuni LINK che è conveniente consultare...
Dal post di VERITA’ A CONFRONTO del 17 Maggio 2009:http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/05/altri-importanti-tasselli-per-la-tesi.html "
Ricordiamo la facoltà di ASTRAZIONE di alcune scimmie, qualità che prima si riteneva un'esclusiva del genere umano. Il MACACO RHESUS è capace di valutare le occasioni perdute, dimostrando di fare pensieri del tipo: "avrei potuto, avrei dovuto, avrei voluto...". In questi primati, senso di colpa e rimorso sono forme di interiorizzazione che nascono dalla coscienza, o comunque dalla consapevolezza di sé e della realtà circostante. "Non si possono provare emozioni di questo tipo - spiega il prof. Angelo Tarabini, docente di Psicologia animale presso l’università di Parma- se non si è consapevoli delle proprie azioni, di aver commesso un errore o di non aver fatto la cosa giusta al momento giusto. Si tratta di una sensazione comune anche ai cani, e che caratterizza le specie animali emotivamente più vicine all'uomo, come le scimmie". I macachi rhesus vivono in colonie numerose, da 20 a 180 individui, organizzate secondo una struttura matriarcale, all'apice della quale si trova una femmina "alfa". Tartabini spiega che rimorso e rammarico, nel caso di questi animali, derivano generalmente dalla violazione di regole sociali, e la scimmia è infatti l'animale sociale per eccellenza. "Ogni comportamento improprio - conclude - viene percepito come estraneo al gruppo, e genera nell'animale la paura di venire escluso. E' da qui che nasce il senso di colpa".
Da un articolo su Mark Hauser del 29 Ottobre 2007:http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_19135 "Il concetto di bene e di male sono innati nella mente dell'uomo? Marc D. Hauser professore di Psicologia, Biologia Evolutiva e Antropologia Biologica alla Harvard University, è convinto che sia così. L'ipotesi di Hauser è decisamente rivoluzionaria rispetto ai pensatori del passato; e dice: «Vorrei dimostrare che le regole morali hanno una radice profonda e inconscia, una sorta di "grammatica morale universale" comune a tutti gli uomini. In pratica emozioni e ragionamenti sono successivi alla formulazione del giudizio morale».Per provare questa teoria Hauser ha fatto ricorso a dilemmi artificiali presentati in un "Moral Sense Test", nel quale si chiede al soggetto intervistato di esprimere un giudizio su una situazione. Il test, concluso da oltre 250.000 individui provenienti da 120 nazioni, è accessibile su Internet (moral.wjh.harvard.edu) ed è analizzato in dettaglio sul più recente libro dello psicologo, "Menti morali" (Il Saggiatore, 2007). «Dai risultati si intuisce che il male come fine è ovviamente percepito peggiore di un male collaterale, e che il danno causato da un'azione o da contatto diretto è peggiore di quello causato da omissione e contatto indiretto."
La visione della scuola di pensiero di Riccardo Calantropio, a cui io aderisco, è in linea con quella di Hauser; anzi, è ancora più radicale ed illuminante. Premetto che tale visione non accetta il determinismo, ma presuppone un universo (indipendentemente dall’esistenza di un creatore) che si evolve liberamente, ma con alcuni vincoli. Il primo vincolo è dato dai mattoni dell’universo (le stringhe) in un numero limitato e non infinito di tipi; e il secondo vincolo dal NON LOCALISMO della meccanica quantistica, per cui tutto l'universo e i 10 elevato a 500 universi paralleli (secondo la teoria M delle superstringhe) potrebbero essere tra di loro sincronizzati, ma in modo tale che noi non lo possiamo rilevare. Da qui, tutto è possibile, anche che FOSSE CERTO nel progetto intelligente di un eventuale DIO creatore che in un pianeta del nostro o di altri universi paralleli si evolvesse, prima o poi, un essere biologico dotato di ragione ed astrazione (ovvero, ad immagine e somiglianza di DIO, secondo il concetto biblico) e che avesse anche il libero arbitrio. Tale concetto è in accordo con la LEGGE DI GIOBBE originale.
Vedi il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/la-legge-di-giobbe.html
Dal un post del BLOG della mia scuola di pensiero:http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/04/il-male-e-il-bene-sono-una-conseguenza_03.html "Si teorizza, in modo del tutto rivoluzionario, che l’attuale evoluzione dell’umanità tende all’altruismo sociale, come già succede per gli insetti sociali (api, formiche e termiti), indipendentemente da ogni visione religiosa. Da qui in contrapposizione da quanto teorizzato da Richard Dawkins nel suo libro “Il gene egoista”, il concetto di MALE (egoismo individuale) e BENE (altruismo sociale) sono alla base della genetica evolutiva. Viene portato a sostegno, tra l’altro il fenomeno dell’APOPTOSI (il suicidio altruistico cellulare), il fatto che anche noi esseri umani siamo una comunità di cellule che ha un obiettivo comune, e la scoperta del gene della generosità AVPR1a, più sviluppato in alcuni soggetti e meno in altri. (Consiglio vivamente di leggere l’intero post, apprezzato da diversi studiosi contemporanei)." Una logica conseguenza è il fatto che gli esseri umani, anche se geneticamente al 50% sono più o meno altruisti od egoisti, hanno un’autocoscienza che li porta a scegliere tra due input inconsci contrapposti, uno di tipo egoistico ed uno di tipo altruistico. Da qui il libero arbitrio che non esiste negli altri animali, tranne in rari casi, e del tutto limitato. Negli insetti sociali, invece, avendo completato questa parte del processo evolutivo altruistico, cessa la libertà di scelta e tutto è dettato dall'inconscio. Dunque, ESISTE nell’uomo il LIBERO ARBITRIO, come anche in alcuni animali superiori che hanno una forma di autocoscienza. Un indizio è il SENSO DI COLPA e IL RIMORSO delle proprie azioni, che se per le scimmie può essere di natura controversa perché può sembrare dovuto alla scelta egoistica di non essere esclusi dal gruppo, nei cani sembra più difficile teorizzare una scelta egoistica, ma più verosimilmente di amore e di fedeltà all’uomo. Nell’uomo, Hauser identifica una morale universale, preesistente alla morale indotta da religioni e filosofie (che in ogni caso hanno anche il loro peso nelle scelte), mentre la mia scuola di pensiero, più che una morale (indipendentemente dai premi e dai castighi teorizzati da Martin Lutero), identifica degli INPUT inconsci di ALTRUISMO SOCIALE (dati dalle tendenza evolutiva in atto), che si contrappongono agli INPUT INCONSCI EGOISTICI della LIBIDO e della RIPRODUZIONE (teorizzati da Freud e da Dawkins). Tra i diversi input, di libido, di egoismo genetico, di altruismo sociale, di religione, di amore e di fedeltà, alla fine SUBENTRA IL LIBERO ARBITRIO, che limitatamente alle scelte alternative, decide secondo coscienza, quando le condizioni psicofisiche di equilibrio lo permettono.
Maggiori approfondimenti si possono trovare nel mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/12/la-liberta_05.html e nei miei due commenti aggiuntivi, riguardanti il peso dell'intuito NON RAZIONALE:
Un caro saluto,
Alessandra


Caro Gianluca,
Due visioni certamente molto diverse. Schopenhauer mette in luce l’aspetto della necessità dato dalla volontà di vita che caratterizza la nostra esistenza. Siamo talmente determinati dalle ragioni del nostro corpo che non riusciamo più a capire se le nostre azioni sono libere o se la volontà è sempre determinata da motivi che non riusciamo a cogliere chiaramente. Kierkegaard sottolinea invece l’aspetto imprescindibile della libertà, una libertà costitutiva dell’essenza dell’uomo, così costitutiva che fa sorgere in lui l’angoscia, perché ogni uomo sa che proprio attraverso le scelte costruisce la propria vita e che, decidendo, decide continuamente di sé (decidere = de-caedere; caedo, ossia “taglio” e dunque elimino le alterative – gli alberi cedui sono quelli si tagliano periodicamente).
Allora: siamo liberi di agire oppure siamo determinati da motivi più o meno inconsci?
Libertà e necessità in Schopenhauer
Per aver messo in luce gli effetti potenti della corporeità, il dominio dell’istinto, la prevalenza delle pulsioni e per aver sgomberato il campo da tante illusioni concepite anche ingenuamente per mascherare questa nuda verità, Nietzsche dedica a Schopenhauer la terza considerazione inattuale dal titolo “Schopenhauer come educatore” (ed. BUR, 2004, € 8,00). Nietzsche definisce vero educatore chi libera gli uomini dalle catene, e catene sono tutte le false credenze e le fantasticherie con cui gli uomini cercano facili consolazioni. Schopenhauer però riteneva che l’unico modo per ingannare una volontà che spinge gli uomini all’azione consistesse nel ridurre l’azione stessa, il desiderio e l’impulso. Una forma di libertà che potremmo definire negativa (libertà da...). A fare il controcanto a questo titolo eccessivamente positivo di Nietzsche il filosofo italiano Leonardo Ceppa (studioso e traduttore di Jurgen Habermas) scrisse nel 1983 un’altra opera dal titolo “Schopenhauer come diseducatore” (ed. Marietti, 1983), chiedendosi se veramente l’assenza di azione è una forma di libertà. Sembra, pertanto, che si possano percorrere altre strade, meno passive e rassegnate.
Vediamo però cosa metteva in luce Schopenhauer: egli scriveva che ogni uomo “a priori si ritiene del tutto libero, anche nelle sue singole azioni; e ritiene di poter iniziare ad ogni momento un nuovo indirizzo di vita quasi diventando un altro. Ma a posteriori, attraverso l'esperienza, s'accorge con suo stupore di non esser libero, bensì sottomesso alla necessità; che malgrado tutti i propositi e le riflessioni, non muta il suo modo d'agire, e dal principio alla fine di sua vita è costretto a trascinar quel carattere ch'egli medesimo disapprova, quasi recitasse fino all'ultimo una parte”. (Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. I, Laterza, 2009). Insomma, gli uomini si credono liberi nelle azioni e poi riconoscono invece che tanto liberi non sono. Ma lo capiscono quasi sempre a posteriori e dopo aver fatto qualche riflessione, qualche considerazione sull’agire.
Schopenhauer riteneva che negli animali tale impulso fosse più evidente, perché gli uomini grazie alla cultura hanno maggiore capacità di mascherare le vere cause dell’agire. “Nell'animale vediamo la volontà di vivere come se fosse più nuda che nell'uomo, dov'è rivestita di tanta conoscenza, e per di più avvolta nella capacità della finzione”.
I tuoi riferimenti al mondo vegetale e animale sono molto pertinenti. Schopenhauer stesso scrisse: “Affatto nuda, ma anche più debole si mostra la volontà di vivere nella pianta, come semplice, cieca tendenza ad esistere, senza scopo e senza mèta. Infatti la pianta disvela tutta la sua essenza al primo sguardo e con perfetta innocenza; né si perita di estendere al proprio vertice gli organi della generazione, che in tutti gli altri animali si trovano invece nel luogo più nascosto. Questa innocenza della pianta è fondata sulla sua incoscienza: non nel volere, bensì nel volere cosciente risiede la colpa. Ogni pianta ci narra, a tutta prima, della propria patria, del clima di questa, della natura del suolo da cui è uscita”.
Il Cristianesimo e la libertà
Il secondo punto che tocchi è se il libero arbitrio sia possibile con l’esistenza di Dio. (Per libero arbitrio si intende: “la capacità che l’uomo ha di essere arbitro, cioè padrone delle proprie azioni, scegliendo tra varie possibilità e alternative: di agire oppure di non agire, di fare una cosa piuttosto che un’altra.”).
Nella prospettiva religiosa, a questa domanda Tommaso d’Aquino ha fornito alcune risposte. Il Dio cristiano è il fondamento stesso della libertà. Questa idea era nuova e andava contro le filosofie fataliste o deterministe degli antichi. Secondo S. Tommaso Dio è causa del libero arbitrio; può influire su di esso, ma non costringerlo. Dio non fa violenza, ma fornisce all’uomo le condizioni per agire liberamente, poi la volontà dell’uomo ha il dominio su tutti i propri atti e dunque l’ultima parola spetta sempre al singolo. Tommaso ritiene che Dio possa certamente influenzare la volontà, ad esempio potenziandola, ma non costringerla. La scelta, nella visione cristiana, appartiene sempre al singolo soggetto. Riporto un bel commento: “Se il libero arbitrio non può subire violenza da parte di Dio, tanto meno ciò può accadere per opera del demonio o di altre creature. Il demonio può indubbiamente influire sull’uomo (come possono influire i compagni, i maestri, i superiori ecc.), ma non può influire direttamente sulla sua volontà. "Sulla volontà può influire soltanto Dio e questo a causa della libertà della volontà, che è padrona dei propri atti, e non può essere costretta dall’oggetto, come accade invece nell’intelletto, che è costretto dalla evidenza della dimostrazione" (II Sent., d. 8, q. 1, a. 5, ad 7)”. (Cfr. Dizionario enciclopedico del pensiero di S. Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 1991). Nella logica, dunque, c’è una costrizione dalla sequenza dei passi argomentativi, mentre per quanto riguarda la volontà l’uomo avrebbe la possibilità di dire di sì oppure di no.
Secondo S. Tommaso, gli uomini possono esercitare o meno la loro volontà, possono scegliere una cosa o l’altra e possono scegliere il bene e il male. Ti riporto una bella sintesi di questo pensiero fornita dal curatore dell’opera Battista Mondin: “S. Tommaso distingue tre tipi di libero arbitrio (libertà): di esercizio (exercitii), di specificazione (specificationis) e di contrarietà (contrarietatis). La libertà di esercizio riguarda il potere che la volontà ha di esercitare oppure di non esercitare il suo atto di volontà, cioè di volere oppure di non volere. La libertà di specificazione è il potere di scegliere una cosa piuttosto che un’altra. La libertà di contrarietà è quella di poter scegliere sia il bene sia il male. "Poiché la volontà si dice libera in quanto non è soggetta a necessità, la libertà della volontà si presenta sotto tre forme: in rapporto all’atto, in quanto può volere e non volere (velle vel non velle); in rapporto all’oggetto, in quanto può volere questa o quella cosa come pure il suo contrario (velle hoc velle illud et eius oppositum); e in rapporto al fine, in quanta può volere il bene oppure il male (velle bonum vel malum)" (De Ver., q. 22, a. 6).”
Libertà individuale come impegno sociale
Infine, occorre considerare i motivi concreti che possono limitare la libertà individuale. Un importante filosofo contemporaneo Isaiah Berlin (1909-1997) in una saggio famoso del 1969 ha fatto una distinzione tra concezioni “negative” e “positive” della libertà, ossia tra la “libertà da” e “libertà di” (i suoi ‘Quattro saggi sulla libertà’ oggi sono riportati in: Libertà, Feltrinelli, 2005). Faccio riferimento ad un saggio di Norberto Bobbio (1909-2004) ristampato recentemente dal titolo “Eguaglianza e libertà” (Torino, Einaudi, 2009). La libertà negativa (freedom from) indica assenza di impedimenti o di costrizioni (libertà da autorità sociali, da norme restrittive…).
La libertà positiva (freedom to) indica invece la possibilità di realizzare i propri obiettivi e i propri desideri (libertà d’opinione, di riunione, di iniziativa economica, di votare…). Bobbio definisce queste libertà semplicemente come “libertà di agire” e “libertà di volere”. Se uno Stato ad esempio garantisce la libertà religiosa, ogni persona poi è libera di professare una certa religione oppure no. Qui si mette in luce soprattutto l’importanza della libertà negativa del singolo e della collettività perché si possano aprire altre forme di libertà. Bobbio scrive: “un certo ampio margine di libertà negativa degli individui o dei gruppi (le cosiddette libertà civili) è la condizione necessaria per l'esercizio della libertà positiva dell'insieme (la cosiddetta libertà politica).”
Bobbio fa un’importante riflessione: “non vi è 'libertà da' che non liberi una o piú 'libertà di', cosí come non vi è una 'libertà di' che non sia una conseguenza di una o piú `libertà da'.” Ad esempio: la libertà dalla censura, pone le persone nella condizione di scrivere, stampare, parlare in pubblico nelle forme più diverse. Il grande studioso e premio nobel per l’economia nel 1998, Amartya Sen (1933), nel libro Lo sviluppo è libertà [1999 - Mondadori 2000] propone alcune bellissime e illuminanti riflessioni sulla libertà. E sottolinea ad es. quanto sia importante eliminare la miseria, la tirannia, le scarse prospettive di vita, la mancanza di servizi pubblici, l’intolleranza e l'impossibilità di accedere alle cure per consentire alle persone una migliore qualità della vita e la possibilità di poter realizzare i propri progetti secondo le proprie idee. Proprio per questo l’impegno sociale è indispensabile per aumentare la libertà di ogni persona.
Un caro saluto,
Alberto

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