lunedì 19 ottobre 2009

A cosa servo io?


C'è stato un periodo nella mia vita in cui tutto ciò che facevo era sbagliato. Ero sempre in lite con la mia famiglia, litigate grosse e senza un motivo in particolare; con gli amici era nata una specie di indifferenza che però a me importava. Una sera, durante una delle ormai soventi litigate, mia madre, arrabbiatissima, mi ha detto: "continua a vivere nel tuo mondo, ci credo che non hai fatto nulla di male, perché non fai nulla ".
È vero, a cosa servo io? Se non servo a nulla perché sono nata? Fa male sentire cose del genere dette da una persona che, sono più che sicura, mi reputa la cosa più importante che ha, ma questo l’ho capito dopo. Dopo essermi arrabbiata con me stessa ho capito che non è vero che sono inutile, o per meglio dire me l'hanno fatto capire. Secondo me, se non ci fossi la vita di tutti quelli che mi circondano non sarebbe così... Io alla fine non sono che un anello di una lunghissima catena, questa è resistente proprio perché ci sono anch'io, e non posso essere sostituita, perché qualsiasi altra persona non combacerebbe così bene come me. All'inizio mi sembrava un po' egoistico come ragionamento, ma è l'unico che è riuscito a sollevarmi un po’.


Sara

Cara Sara,
nell’universo tutto si evolve, e in particolar modo nelle sue componenti biologiche. La natura (per i credenti, in base a un progetto di massima di Dio) sperimenta continuamente nuove variazioni degli organismi al fine di migliorarli e di adattarli all’ambiente, che si evolve a sua volta. Ogni essere biologico è, quindi, scelto per questa sperimentazione e fa la sua parte in un contesto molto più vasto (in comunità di individui, o in comunità di specie). Sotto un certo aspetto anche noi esseri umani siamo l’insieme, o una comunità, di tante singole cellule che concorrono ad un fine comune. Non possiamo entrare nella comprensione delle singole motivazioni delle scelte della natura (Famosa è la frase di Einstein, che disse “Dio non gioca ai dadi”; ma Bohr gli rispose “Einstein non dire a Dio quello che deve fare”). Noi dobbiamo considerarci esseri SCELTI dalla natura (o da Dio), e di questo dobbiamo essere orgogliosi, anche se non conosciamo, a priori, il fine della nostra singola esistenza. Gli esseri umani, però, hanno in più delle qualità che li distinguono da tutti gli altri esseri viventi da noi conosciuti, ovvero la COSCIENZA e il LIBERO ARBITRIO. Per un essere umano, la domanda non dovrebbe essere “a cosa servo”; ma, visto che abbiamo razionalità e libero arbitrio, dovrebbe essere: “Che cosa possiamo fare per DIVENTARE PROSSIMO PER GLI ALTRI UOMINI, e per SALVAGUARDARE l’ambiente in cui viviamo, e su cui vivranno le discendenze della specie umana?” Noi non siamo degli oggetti, o degli animali senza coscienza, ovvero dei soggetti passivi. Noi siamo chiamati a MIGLIORARE L’EVOLUZIONE UMANA e LA SUA SERENITA’ in tutti i suoi molteplici aspetti. Ogni singola goccia del nostro operato può concorrere al bene comune e al bene universale. Per i cristiani, la strada è segnata, e in aggiunta a quanto sopra detto, e in accordo con il messaggio evangelico: “Agire con carità e solidarietà verso gli altri uomini, specialmente verso coloro che ne hanno più bisogno, come hanno fatto, ad esempio, San Francesco e Madre Teresa di Calcutta”.
Un caro saluto,
Alessandra


Cara Sara,
Hai ragione, la consapevolezza di “essere un anello di una lunghissima catena” non offre una grande consolazione, e non è che possa sollevare molto il morale. Già, a cosa servi? Il verbo servire richiama il concetto di utile. Ed evoca un modo di pensare tipico della nostra società tecnologica. Spostiamo il concetto di utile dalle cose alle persone senza neppure accorgercene. Il martello è utile, una persona no. Le persone non sono a nostra disposizione come delle cose. Le persone non sono utili o inutili. Sono venute al mondo proprio come siamo venuti al mondo tu ed io. Le persone sono nel mondo e nel mondo devono inventarsi il loro destino, devono decidersi tra alternative diverse e, nel decider-si, decidono di sé. Allora mi vengono in mente cinque cose. 1. La tua presenza è il senso della vita dei tuoi genitori. Il modo di stare al mondo degli uomini è quello dell’esistenza (ex-sisto, sto-fuori), ossia un modo diverso di stare al mondo rispetto a quello degli oggetti. Non siamo semplici presenze, cose tra le cose; “stiamo fuori” da questa condizione, perché grazie alla coscienza abbiamo la possibilità sia di orientarci nel mondo, ma soprattutto di dare significato a ciò che facciamo. Allora tu rappresenti innanzitutto il senso della vita dei tuoi genitori, perché prima di cominciare ad amare te hanno cominciato ad amare il pensiero di una nuova vita di cui prendersi cura. Sei stata parte dei loro segreti, dei loro progetti, di lunghissime telefonate, di chiacchierate senza fine, di notti insonni. I tuoi genitori hanno dovuto ridefinire continuamente il loro rapporto, e nel momento in cui sei venuta alla luce si sono assunti delle responsabilità non solo nei tuoi confronti, ma anche nei confronti della vita in generale. Già il pensiero della tua presenza li aveva obbligati a rispondere della loro vita e a ridefinire le loro priorità. Per dirla con un paradosso (o con un po’ di ironia): “prima che loro “servissero” te, tu sei “servita” a loro” (ma non dirglielo). Pensa: prima della nascita. Quindi fino ad ora hai già fatto moltissimo, anche se non te ne sei accorta. Non sei un anello che si aggiunge ad una catena, o un colore nuovo che si aggiunge alla tavolozza della vita, ma sei una presenza che instaura relazioni addirittura prima della nascita; 2. I tuoi genitori sono diventati tali, grazie a te. Ognuno di noi è fatto di relazioni, e diventa quello che è grazie ai legami con gli altri che, come cordoni ombelicali in partenza e in arrivo, nutrono e modificano le persone. Nessuno diventa quello che è se non si relaziona con le altre persone. Quindi: tua mamma e tuo papà sono tali non solo per il fatto procreativo, ma perché sono in continua relazione con te. È questa relazione che ha consentito (e consente) loro di “diventare” papà e mamma. Il dialogo continuo con te. In questo dialogo, che a volte è faticoso, tra identificazioni e progressivi distacchi, tu costruisci la tua identità, ma anche i tuoi genitori costruiscono la loro. 3. Anche le altre persone (amici, compagni, nonni) conquistano la loro identità grazie alle tue relazioni. La tua presenza è sempre importante, tanto importante che quando il tuo banco è vuoto si sente la tua mancanza; e più sono i giorni di assenza, più i compagni e gli insegnanti sentono la necessità del tuo ritorno.
4. Fino ad ora ho utilizzato il verbo servire senza discriminare i suoi significati, ma ora credo che valga la pena ancora di indicare alcune oscillazioni. Possiamo intendere “servire” sia in modo passivo sia attivo; passivamente, può voler dire “diventare servo”, sottostare a qualcuno, subirne l’azione o il potere; ma in senso positivo, indica invece un’azione volontaria. Allora nelle decisioni della vita (che implicano sempre un decidere-di-noi) possiamo fare in modo che la nostra vita “serva”, cioè abbia valore, proprio se maturiamo la capacità di “servire”, ossia la capacità di prodigarci per qualcuno, di aiutare, di rispondere alle richieste implicite o esplicite di una o più persone. 5. ….Ah, dimenticavo. La tua vita è importante anche per i tuoi insegnanti, per Alessandra, e per me. Perché senza le tue domande e quelle dei tuoi compagni sarebbe diversa anche la mia vita; ad es., potrei viverla in modo più superficiale, mentre i quesiti mi fanno sentire più responsabile, e mi ricordano che il mio compito non è solo quello di trasmettere delle informazioni, ma è quello di crescere insieme a voi.

Un caro saluto,
Alberto

2 commenti:

  1. Non ho capito una cosa. Secondo il professore Alberto solo le persone umane sono utili o sono importanti, mentre un cane, una foresta o un pianeta no? E una persona è utile o importante solo per gli altri uomini? Mi sembra un discorso molto egocentrico per l'umanità. Le cose che dice la dottoressa Alessandra mi sembrano più universali e non si prestano a queste interpretazioni. Mi sbaglio?

    Giulia V.

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  2. Ciao Giulia,
    grazie per il tuo intervento. Poiché è il primo, lo accolgo con maggiore soddisfazione.
    Ho tentato una riflessione, cercando di rispondere alla domanda: "a cosa servo io?". Ora potresti porre tu una domanda sul senso più ampio di tutto ciò che esiste, proveremo a cercare altre risposte. Sono comunque felice che tu abbia trovato nella risposta di Alessandra qualche elemento vicino alla tua sensibilità.
    un caro saluto,
    Alberto

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